E’ letteralmente un trimestre di fuoco e fiamme quello che coinvolge ancora una volta i paladini più noti della lotta cybernetica in nome dei valori della condivisione dell’informazione e delle libertà individuali online e offline, in ogni parte del mondo.
Stiamo chiaramente parlando di Anonymous, il supergruppo attivista che, dopo aver attaccato alcuni provider svedesi in segno di protesta per la temporanea chiusura di Pirate Bay in Dicembre ed aver vendicato le vittime dell’attentato Charlie Hebdo in Gennaio, ha mostrato di avere in serbo un asso nella manica anche per il mese corrente, individuando nientemeno che i primi siti target relativi alla propaganda filoislamica dell’ISIS.
I siti pro jihadisti sono stati individuati da un nucleo interno ad Anonymous, impegnato da circa un mese nell’operazione #OPIsis. Sono già numerosi i profili Twitter, d’altro canto, che si contano tra i caduti in questa nuova guerra condotta nell’immenso mare del Web; assieme ad un numero esponenziale di siti propagandistici ed account con relativi indirizzi pubblicati sul noto Pastebin, una board particolarmente cara ai creatori di software, in cui è possibile incollare e salvare appunti di codice in maniera rapida e gratuita.
Tuttavia, alcuni analisti del conflitto non vedono chiaramente il fatto che Anonymous abbia pubblicato, tra la massa di indirizzi, alcuni nominativi relativi agli utenti delle VPN, assieme a svariati indirizzi mail. Il fatto, naturalmente, non prova che un semplice visitatore di un sito incriminato sia complice a tutti gli effetti, per cui si pensa che la tattica adottata da Anonymous sia da rivedere, sotto certi aspetti.
Tutto ciò è naturalmente dovuto alla natura decentralizzata del gruppo stesso, privo di un controllo preventivo e certamente volubile (anche se, come la sua storia ci insegna, piuttosto coerente nelle scelte dei bersagli effettuate finora).
Il compito di Anonymous quindi si è rivelato, ancora una volta, nel mettere in chiaro chi potrebbe essere complice o comunque presenta una vicinanza ideologica ad un determinato movimento.
Il numero degli account sospesi ammonta ad oggi, secondo una stima molto approssimativa, tra i 500 ed i 1000. Al momento, il bottino così ottenuto dal gruppo ammonta alla sospensione di siti e DDoSing di siti affiliati; ma dal momento che anche ISIS si nutre del Web per diffondere la propria pericolosa campagna mediatica, chi potrà spuntarla, infine?
Non ci resta che seguire lo sviluppo di questa appassionante vicenda, che ovviamente coinvolge ognuno, indipendentemente dalla fazione da cui provengono minacce e critiche, purtroppo, come strumenti di affermazione di un’ideologia.
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