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IBM, il primo microprocessore a 7 nanometri è finalmente realtà

Da tempo eravamo concentrati sulle promesse di Samsung e delle sue innovazioni per semiconduttori, realizzati con tecnologie a 10 nanometri, una classe di precisione estremamente elevata che promette di aprire nuovi spiragli in merito alla creazione di processori sempre più performanti.

A pochi mesi dagli ultimi aggiornamenti in merito, Intel è riuscita a proporre un’alternativa ancora più sofisticata, aumentando le soglie di precisione ai fatidici 7 nanometri, un risultato eclatante, dal momento che scendere al di sotto dei 10 nm si è da sempre rivelata un’impresa “impossibile”, vista la scarsa qualità dei risultati.

IBM 7 nanometri

Il primo microprocessore così realizzato vede ancora protagonista il classico silicio, tuttavia elaborato grazie ad una lega a base di germanio, a cui è stata successivamente applicata una nuova tecnica litografica in grado di calzare a pennello al nuovo chipset: Extreme Ultraviolet.

Samsung non è tuttavia estranea a questo nuovo exploit “made in IBM”, che porterà ad ottenere smartphone, tablet, PC desktop e mainframe dalle capacità elaborative sempre più stupefacenti. Grazie al suo intervento nella creazione del prototipo, IBM stessa ha potuto concludere che potranno, in un futuro non troppo lontano, essere creati chipset da venti miliardi di transistor e oltre.

Un tale risultato è stato possibile grazie ad una canalizzazione dei transistor in maniera che, grazie al valore aggiunto del germanio rispetto al silicio, potessero essere trasportati flussi di elettroni più rapidamente, consentendo ai transistor (realizzati secondo la tecnica FinFET, una nuova architettura per circuiti integrati) di ricevere letteralmente un potenziamento in seguito all’afflusso di maggiore corrente.

I chip così creati seguono, come già detto, la tecnica litografica EUV (Extreme Ultraviolet), in grado di sfruttare puntatori laser con una lunghezza d’onda simile al diametro atomico. Purtroppo, nonostante l’evidente precisione del metodo, realizzare chip tramite EUV risulta essere al momento particolarmente dispendioso e necessita di lunghe esposizioni, perciò IBM si limiterà, al momento, ad alcuni prototipi stabili.

Oltre ad una consistente riduzione della superficie dei chip e ad un incremento di oltre il 50% a livello prestazionale, IBM permetterà ai nuovi chip di essere installati in ogni device, anche di dimensioni più contenute rispetto alla media, purché i restanti componenti che partecipano al funzionamento del device siano altrettanto elaborati e in grado di stare al passo con l’hardware.

Questa nuova tecnica apre quindi chiaramente ad un mondo di dispositivi di velocità e potenza rilevante, soprattutto in grado di ottimizzare le prestazioni fino alla possibilità di emulare un ambiente stabile anche su tecnologie mobile.

Non rimane altro, quindi, che attendere i primi dispositivi delle major che incorporeranno un hardware di potenza simile, per poterne valutare al meglio i risvolti, nel momento in cui potranno avvantaggiarsi della nuova creazione congiunta di IBM, Samsung e AMD, di cui riparleremo su queste pagine a breve.

10 Luglio 2015 Archiviato in:Hardware

Roberta Betti

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