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Windows 10 Secure Boot: pericolo per l’open source?

In tanti sappiamo che i passati sistemi operativi Microsoft hanno ricevuto ben più di qualche critica, a causa dell’insufficiente attenzione prestata in campo malware e difesa del PC, che secondo molti utenti continua a non essere vicina alle reali necessità dell’OS.

Per mettere in parte a tacere queste critiche, la casa di Redmond ha annunciato recentemente una nuova feature, che andrà a decidere direttamente della sicurezza all’avvio del PC. Il suo nome è Secure Boot, ed è prevista ufficialmente tra i requisiti minimi di Windows 10.

Windows 10 secure boot

Secure Boot è previsto sia per opzione desktop e mobile, e la sua attivazione avverrà ad opera degli OEM, per cui ritroveremo questa feature già attivata nei PC e nei device che potranno fregiarsi dell’etichetta “Designed For Windows 10”.

Evitare malware o caricamento di codice malevolo in fase di boot del dispositivo è il compito principale di questa nuova misura di sicurezza: in breve, il firmware installato a livello UEFI controllerà automaticamente la cifratura crittografata dei componenti di sistema, giudicandola valida o meno all’avvio.

Nel caso in cui non si trovasse corrispondenza, il sistema non verrà avviato: sono state naturalmente molto pronte le proteste online della community di Linux, solita utilizzare certificati crittografici personalizzati per avviare il proprio software personale.

La presenza di Secure Boot ha inoltre lanciato nel panico i milioni di utenti che amano installare distribuzioni alternative al classico Windows, ovvero applicando un dual boot di sistema: la disattivazione della nuova opzione di Microsoft sembra infatti al momento essere facoltativa per gli OEM: potrà essere prevista così come potrà non essere prevista, a seconda del dispositivo.

Gli utenti si domandano quindi se sarà ancora possibile installare OS alternativi o configurare i dual boot su PC su cui è stato installato di default Windows 10: la risposta, al momento, è quantomai ambigua: molte distribuzioni popolari, tra cui Ubuntu e Fedora, supportano pienamente tale funzione; tuttavia, altre open source meno popolari potrebbero essere rilevate erroneamente come malware da Secure Boot.

Che si tratti dell’ennesima strategia Microsoft per separare ancora più gli utenti delle distribuzioni libere ed aperte dal mondo di Windows? Di certo si tratta di una mossa che rimarrà indigesta, se non subirà modifiche, dalla totalità degli utenti che amano possedere più distribuzioni su un PC.

Mancano tuttavia ancora mesi alla release ufficiale, per cui ci auguriamo che Microsoft torni sui propri passi, di cui vi informeremo non appena saranno disponibili news in merito.

24 Marzo 2015 Archiviato in:Windows

Roberta Betti

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